L’Italia s’è desta? (prima parte)

Non conoscevo bene Draghi, se non per l’autorevolezza, la preparazione e i meriti trasversalmente riconosciuti; ero cauto e diffidente a causa di una non simpatia a pelle e soprattutto per un consenso fin troppo universale che gli lasciava un’apertura di credito illimitato (https://politicamentescorrettoblogg.wordpress.com/2021/02/06/il-consenso-preventivo/).
Sensazioni, più che evidenze, lo ammetto, che comunque ho voluto verificare riascoltando e rileggendo il suo discorso programmatico letto al Senato mercoledì scorso.
Nel prendere appunti, (che, per la cronaca, consistono in una serie di segni/sigle/numeri davanti a scarabocchi e frecce che li uniscono, li dividono e li ricongiungono…), improvvisamente mi sono accorto che gli “Ok” che anteponevo agli argomenti trattati erano numerosi, più di quelli che avrei previsto inizialmente; in particolare erano molti i segni “più” con i quali contrassegnavo brevi frasi o singoli termini.
Perché parliamo pur sempre di un programma, per definizione di un insieme di intenti e proponimenti scritti su carta, a cui poi dovranno seguire i fatti; ma nel caso specifico ho trovato precisi riferimenti e orientamenti, connotazioni e accezioni reali e realistiche su temi da sempre all’ordine del giorno di politica e Istituzioni.
Essendo molteplici i contenuti affrontati, ho deciso di dividere l’articolo in due parti, anche per provare a costringervi a leggere il seguito domani …
Per la prima volta, pur ricordando sempre che al momento si tratta ancora solo di un bel discorso, ho sentito non solo snocciolare l’elenco delle riforme che il Paese aspetta da mezzo secolo e i buoni propositi per realizzarle, ma anche e soprattutto l’indicazione, seppur sommaria, delle uniche inderogabili strade per concretizzarle.
Particolari elementi di novità ho trovato due aspetti, più o meno comuni a tutti gli argomenti:
1 – l’esplicita ammissione di mancanze, errori e carenze, pregresse e presenti, da parte di Istituzioni, politica e apparati statali;
2 – la necessità non solo di correggere i difetti per il futuro, ma anche e soprattutto di riparare subito ai danni causati da contingenze, insufficienze e pigrizie congenite.
Non il solito chi ha avuto, ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, ha dato…, ma un implicito richiamo all’impegno, alla solerzia e alla serietà, compresi eventuali ravvedimenti.
Breve ma significativo il passaggio sulla pubblica amministrazione: premessi la lentezza e le disfunzioni della stessa, accentuate anche dalle circostanze, oltre alle necessarie riforme attese da decenni, non una semplice ripartenza da dove ci si è fermati, ma un “recupero programmato del lavoro arretrato…”; si prefigurerebbe come una svolta nel panorama burocratico statale.
Dopo la solita commemorazione delle defunte attività commerciali e turistiche, da sottolineare il coraggio di affermare che “non tutte le attività economiche potranno essere protette…”; brutale soprattutto se si è parte in causa, lo capisco, ma evidenzia la necessità di “scegliere”: basta contributi a pioggia, ridurre l’assistenzialismo, limitare interventi tampone (Alitalia?); investire con lungimiranza, premiando il merito e intervenendo nel sistema economico e commerciale anche per modificarne processi e tipologie ormai anacronistici, prendendo atto dei cambiamenti accelerati dalla pandemia.
Sul lavoro Draghi ritiene “centrali le politiche attive”, ma oltre alla solita filastrocca sulla creazione di posti di lavoro, retoricamente incentrata sui giovani, e l’ormai storico potenziamento degli ammortizzatori sociali, punta sulla “formazione e riqualificazione dei lavoratori occupati e disoccupati”; il problema della ricollocazione lavorativa di chi esce dal mondo del lavoro ad età avanzata, accentuato dalla pandemia, riguarda una vasta platea di ex occupati: personalmente credo che se non tuteliamo il presente dei genitori, risulterà molto più difficile favorire il futuro della Next Generation.
Ai giovani ha invece lanciato un monito: dovranno imparare a prevenire piuttosto che a riparare, nella consapevolezza che ogni azione ha una conseguenza”; crescere, assumendosi responsabilità.
Per la scuola mi sembra simbolicamente rilevante l’intenzione di “recuperare” la presenza perduta, se e quando sarà possibile, richiamando implicitamente al dovere; altro concetto importante espresso è “investire nella formazione del personale docente per allineare l’offerta educativa alla domanda delle nuove generazioni”; implementando, il personale, aggiungerei, e/o stabilizzando definitivamente quello precario, con l’obiettivo di un progressivo ma rapido cambio generazionale; poi, anche qui, premiare il merito.
In palese discontinuità con il passato, anche recente, alle infrastrutture non vengono associati i canonici “investimenti”, ma fa la sua comparsa “l’investimento sulla preparazione tecnica, legale ed economica dei funzionari pubblici…”: ritengo fondamentale competenza e preparazione della classe dirigente per poter pianificare, progettare e realizzare opere con certezza e rispetto di tempi e costi; e credo lo ritengano anche gli eventuali investitori; occorre che le istituzioni sappiano attirare fiducia prima di pretenderne.
Fin qui ho approfondito i passaggi che ho reputato più pressanti e indifferibili, oltre che condivisibili, almeno da me; domani cercherò di esaminarne altri e di evidenziare gli interrogativi ed eventuali punti deboli…
(continua domani…)

(se vi piace lasciate 👍👍 qui sotto)            Paolo Scafati

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