Chiedimi se sono Felice…

La frase riportata nel titolo, chiaramente tratta da un film di Aldo Giovanni e Giacomo, non è altro che la domanda che ho fatto al telefono a mio padre all’indomani della festa per i 115 anni dalla fondazione della polisportiva S.S. Lazio.
La risposta è stata lapidaria e immediata: “…Sì, anch’io sono Felice!”
In quei giorni in relazione ai fatti tragici di Parigi si era coniata l’espressione “Je suis Charlie”, per rimarcare che quello che era accaduto ad altri è come se fosse accaduto a noi. Si potrebbe dire qualcosa su come poi si esageri e si enfatizzi oltre misura con slogan o frasi fatte speculando su certe situazioni che si trasformano in cavalli da cavalcare per chi qualche giorno prima faticava anche a camminare, ma non è questa la sede dove analizzare tali fenomeni sociali.
La frase in questione era riferita all’intervento verbale di Felice Pulici durante il “galà” che si era tenuto il 9 gennaio 2015 all’auditorium di Roma appunto in occasione dei 115 anni della polisportiva.
Senza alcun timore e con la classe che da sempre lo contraddistingue il portiere della banda del ’74 ha preso la parola dal fondo della sala e, con il garbo di chi non può fare a meno di rivolgersi educatamente verso chiunque, ma con l’irruenza di chi non ce la fa più a sentire il solito sermone senza replicare, ha fatto notare al predicatore che nonostante tutte le belle cose fatte, che sta facendo e che farà per il popolo lui non sarà mai all’altezza della situazione.
E non per le carenze economiche o la palese impossibilità a lottare costantemente per vincere, ma semplicemente perché non possiede quelle qualità che ti rendono laziale dentro, che ti fanno apprezzare l’essenza della Lazialità, e di conseguenza ti fanno essere benvoluto da un popolo intero.
Nello specifico si parlava di onorabilità, quella che il personaggio in questione non si è mai curato di coltivare, scadendo sempre nel ridicolo, nell’inopportuno e talvolta nel volgare, senza interessarsi mai minimamente delle ricadute inevitabili sull’immagine e il prestigio della società più antica della capitale e sui suoi tifosi.
Ma la cosa che più mi ha portato a sentirmi anch’io “Felice” è stato il fatto che appena pronunciato la sentenza Pulici se ne è andato: si è alzato dalla sua poltrona, e, dopo aver preso il cappotto, ha lasciato il teatro, a sottolineare il suo totale dissenso e la sua lontananza da ciò che da ormai più di dieci anni rappresenta il personaggio in questione.
L’azionista di maggioranza è rimasto annichilito ed ha accusato il colpo, anche se ha fatto finta di non capire quello che gli veniva rivolto (forse perché in italiano e non in latino…) ed anche se il presentatore della serata ha cercato di cambiare discorso per superare quel momento imbarazzante e inatteso; lo stesso presentatore che qualche anno prima arringava la folla sotto la curva Nord perché non condivideva l’operato e il comportamento del personaggio. Ma la redenzione non la si nega a nessuno.
Felice Pulici in quell’occasione ha fatto quello che per anni in molti abbiamo sperato che qualcuno prima o poi avrebbe fatto, che qualche giornalista si alzasse all’ennesima glorificazione delle sue opere, alla cantilena delle qualità morali per poter essere calciatore della Lazio o ai soliti manifesti di quello che di unico ed eccezionale la società aveva in progetto di regalare (?) ai propri sostenitori.
Senza entrare troppo nel tecnico sarebbe bastato soltanto chiedere dov’era la società ai funerali dei personaggi che hanno fatto la storia della Lazio; perché utilizzare il Flaminio solo per bisogni fisiologici; cosa si è fatto in occasione dell’omicidio di Gabriele Sandri; quale seguito hanno avuto le promesse di non lasciare solo Gazza quando lo si è fatto strumentalmente sfilare sotto la curva; cosa è rimasto della Accademy oltre ad un tendone intitolato a Bob Lovati, da lui precedentemente allontanato; cosa rimane del progetto stadio sulle palafitte tiberine e altre decine di interrogativi di cui già conosciamo la risposta.
Felice Pulici lo ha fatto, si è alzato e se ne è andato lasciandolo solo, come aveva fatto uno stadio intero dopo LAZIO-SASSUOLO.
Oggi lo slogan “LIBERA LA LAZIO” è ormai anacronistico, quel movimento non esiste più; e non è questa la sede per analizzarne le cause, anche se è singolare come l’ambiente sia passato dal non volerlo neanche allo stadio per il primo “Di padre in figlio” del 2004, ad accettare che fosse addirittura lui a patrocinare l’ultimo.
“Povera Lazio mia”, direbbe Michele Plastino; anche se questa non è più la mia Lazio (e neanche la sua!).
Nella nostra Lazio c’era Felice Pulici in porta con il numero 1, la maglia nera e i guanti malandati.
Uno che c’è sempre stato, nei momenti “Lazio” belli e in quelli meno belli, e che con il suo modo di fare e di essere ha sempre reso l’immagine migliore del laziale, quello doc, uno che, magari senza patente, la Lazialità l’ha sempre interpretata più che vissuta, non sottraendosi mai neanche a critiche dirette verso chi la Lazialità invece l’ha oltraggiata senza pudore, in pubblico e in privato.
Perché sapeva che la nostra passione non è mai andata dietro ai risultati, ai campioni o ai derby vinti, ma ha sempre seguito la scia dello stellone, riconoscendosi ed identificandosi in quei personaggi e quegli uomini veri come Lui che hanno fatto la storia della Lazio, accrescendone orgoglio e vanto.
Lo ha capito in ritardo anche Cragnotti, che oggi sente più affetto e protezione da parte dei tifosi laziali di quando guidava la prima squadra della capitale nell’Olimpo del calcio nazionale ed europeo; oggi ha capito perché siamo più legati a Fiorini e a Poli piuttosto che a Salas o Mancini, più a Fascetti piuttosto che ad Eriksson.
Altri invece non lo capiranno mai!
In occasione di quel 9 gennaio 2015 io ero Felice, mio padre era Felice e molti altri Felice si sono alzati, hanno preso il cappotto e se ne sono andati insieme a Pulici con l’intenzione di non sedersi più su quella poltrona fino a quando su quel palco ci sarà lo stesso protagonista.
Grazie Felice, sarai sempre il nostro numero 1.

(se vi piace 👍👍👍👍) Paolo Scafati

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